Intervista ad Angelo Peretti, autore dell’opera “Esercizi spirituali per bevitori di vino”.
-
29/11/2023 | Bookpress
- 8213
Angelo Peretti è nato a Garda nel 1959; da trent'anni si occupa di vino come giornalista e critico enogastronomico, oltre a dirigere il giornale on line “The Internet Gourmet”. Ha inoltre collaborato con guide italiane di settore e ha redatto piani strategici per consorzi di tutela. Tra le sue opere si menzionano “Il Bardolino” (2001), “Il Lugana” (2002), entrambi per Morganti Editore, “Il vino. Gli abbinamenti ideali” (2004), “Vini e spumanti. I migliori d'Italia” (2005), entrambi per Giunti Editore, ed “Esercizi spirituali per bevitori di vino” (2023) per Edizioni Ampelos.
«Ci presenta la sua nuova opera “Esercizi spirituali per bevitori di vino”? È rivolta solo agli esperti o anche a chi si è appena approcciato al mondo enologico?»
Già dal titolo, ho voluto spiegare che “Esercizi spirituali per bevitori di vino” non è un libro “sul vino”, ma piuttosto “intorno al vino”. Il vino è una metafora per parlare della vita, attraverso novanta brevi capitoli. Per me, l'ingrediente segreto del vino è l'umanità: quella del vignaiolo, quella delle comunità locali e dei territori che hanno una tradizione vinicola, quella dei bevitori di vino. Se l'umanità è l'elemento fondamentale del vino, tutti possono essere esperti di vino, perfino chi non beve, perfino chi è astemio, perché tutti abbiamo esperienza della vita.
«Il suo libro è sicuramente originale e fuori dagli schemi; nel proemio all'opera, infatti, lei afferma: “La lettura di questo libro potrebbe nuocere alla carriera di chi abbia intenzione di occuparsi di vino per professione, poiché contiene alcune stille di eresia enologica”. In cosa differisce “Esercizi spirituali per bevitori di vino” dagli altri manuali sul vino o dalle guide di degustazione?»
Secondo me, la condivisione, la curiosità e il piacere sono le vere motivazioni del bevitore di vino. È chiaro allora che il bere vino ha una motivazione soprattutto personale e soggettiva, e unisce le singole soggettività personali intorno a una tavola e a una bottiglia. Le regole sono fatte per gli enologi, che producono il vino, e per i degustatori, che assaggiano il vino per professione, non per i bevitori, che sono mossi da una spinta interiore, dalla volontà di condividere una bottiglia di vino con altre persone. Da questo derivano, per il bevitore, una maggiore naturalezza e una maggiore libertà nell'approccio con il vino, al punto che non è più vietato bere un vino bianco a una temperatura più alta di un vino rosso, o perfino mettere un cubetto di ghiaccio nel vino se d'estate il sole picchia forte.
«Nella sua opera è fondamentale l'attenzione al gusto personale e la ricerca dell'origine del proprio piacere; dalle sue parole: “Mi resi conto che i vini più interessanti possiedono una personalità. Somigliano alle persone che li fanno e a quelle che li bevono. I vignaioli ci mettono le loro competenze, che non sono influenzate soltanto dalla tecnica ma anche dall'umore e perfino dai sentimenti. Chi li beve riversa nel calice le proprie esperienze di vita. L'umanità è dunque l'ingrediente segreto del vino? Direi di sì, e quando si inizia a pensarla così, la prospettiva cambia del tutto”. Vuole commentare per noi questa interessante affermazione?»
Nel libro pongo una domanda al lettore: sei un bevitore ottimista o pessimista? Se sei pessimista, cercherai anche il minimo difetto nel vino, e stai tranquillo che lo troverai, perché di perfetto, al mondo, non c'è nulla. Se invece sei un bevitore ottimista, in qualunque vino ricercherai quel che c'è di buono, e qualcosa di buono lo troverai, non fosse altro per il piacere di stare assieme ad altre persone. La prospettiva cambia completamente, e questo vale anche nella vita o sul lavoro: se pensi che chi lavora accanto a te sia un inetto, alzi una barriera prima ancora di iniziare a lavorarci assieme e otterrai solo riscontri negativi, mentre se valorizzi quel che c'è di buono nei tuoi colleghi o nei tuoi collaboratori, avrai un ritorno estremamente positivo. I nostri atteggiamenti si riversano sui vini che beviamo, così come sulle persone che incontriamo.
«La federazione dei vignaioli dei territori viticoli storici della Slovenia (Slovenska Velika Lega) ha citato come proprio riferimento la sua definizione di terroir: “Non è la tecnica a fare il vero vino, ma è la memoria inscritta nelle cose”. In enologia, il termine francese 'terroir' indica il rapporto che lega un vitigno al microclima e alle caratteristiche minerali del suolo in cui è coltivato; nell'opera, infatti, lei insiste spesso sull'importanza delle radici, del legame del vino con il suo territorio di appartenenza: “Apprezzo che abbia un carattere contadino. Sono tre le doti che gli cerco. L'austerità terragna, l'incedere flemmatico, l'autenticità”. Secondo lei, la passione per il vino può essere un buon modo per ripristinare il rapporto, ormai quasi perso del tutto, tra l'essere umano e la natura, e magari contribuire in qualche modo alla sua salvaguardia?»
Tutti noi viviamo immersi in due diversi ambienti: l'ambiente naturale e l'ambiente umano. L'ambiente umano è quello delle relazioni, grandi o piccole, che abbiamo quotidianamente con altre persone ed è anche, nella mia visione, l'elemento cardine del vino. Se ci impegniamo a far crescere la qualità dell'ambiente umano, ne deriva inevitabilmente un aumento della qualità dell'ambiente naturale, perché comprendiamo che il benessere delle altre persone passa anche attraverso la possibilità di vivere in un ambiente naturale migliore. Il vero bevitore di vino, così come il vero vignaiolo, ha a cuore l'ambiente naturale prima di tutto perché valorizza e protegge le persone che su quell'ambiente vivono. Dunque, sì, un bicchiere di vino aiuta a ripristinare la qualità del rapporto con la natura.
«Lei è un giornalista e critico enogastronomico da oltre trent'anni; nell'opera non si nasconde dietro a un dito e muove delle critiche, eleganti e pacate, al mondo elitario del vino, e a coloro che ne limitano troppo rigidamente i confini. Vuole parlarcene?»
Ho grande compassione per i bevitori di etichette. Intendo coloro che ostentano il loro potere economico esibendo l'acquisto di un vino blasonato quando vanno al ristorante. Se la forma prevale sulla sostanza, se il possesso prevale sull'essere, distruggiamo i valori di quell'umanità che è l'anima stessa del vino. Ugualmente, sono dispiaciuto per chi approccia il vino partendo da dei pregiudizi, ossia da dei giudizi aprioristici legati al grado di celebrità del vino che si apprestano a bere: in questo modo, queste persone si privano del piacere della scoperta e dello stupore. Meravigliarsi di qualche cosa almeno una volta al giorno aggiunge sale alla vita. Meravigliarsi di un vino che non conoscevamo è un piacere straordinario. Chiudersi dentro i confini dei “soliti noti” è una sconfitta del piacere.
«“Esercizi spirituali per bevitori di vino” è diviso in novanta brevi capitoli, e ciascuno di essi contiene una coppia di consigli di bevuta, un vino italiano e uno straniero; tali vini sono scelti in base all'attinenza con il contenuto del capitolo. Le chiedo: vuole consigliare ai lettori un vino, o più di uno a sua discrezione, che magari ha scoperto di recente e che ha apprezzato particolarmente?»
Cito due vini che non sono menzionati nel libro, perché li ho apprezzati solo di recente, grazie alla loro personalità. Il primo è il Valdobbiadene Prosecco “tranquillo”, ossia privo di bollicine, di Francesca Rizzi, una vignaiola che ha un piccolissimo vigneto a Refrontolo e una microscopica libreria-bistrot a Venezia, dove vende libri illustrati per bambini e propone pochi piatti basati su ingredienti di alta qualità. È uno di quei vini che ti fanno capire che c'è sempre un nuovo microcosmo da scoprire. L'altro è lo chardonnay Torricella del Barone Ricasoli: in genere a me non piacciono i vini fatti con lo chardonnay, ma questo vino bianco a base di chardonnay toscano è una sconfitta dei miei pregiudizi, e ne sono felice.
«Nella sua opera il vino è osservato da una prospettiva particolare, svincolandolo da ogni regola prescritta e legandolo invece alle emozioni, all'intelletto e alla spiritualità dell'essere umano. Pensa di scrivere ancora di questo argomento? Ci sono già progetti in merito?»
Molti lettori mi dicono di sentirsi orfani dopo la lettura dei novanta capitoli del libro, e dunque sto pensando a una soluzione per proporre loro dei nuovi “Esercizi spirituali”. Non si tratterà, per ora, di un nuovo libro: semmai quello verrà più tardi. Vorrei che fosse qualche cosa di inaspettato, ancora di più al di fuori delle regole del gioco di chi scrive di vino. Chissà, magari in teatro o in una rubrica particolare. Vedremo.
Contatti
https://www.instagram.com/internetgourmet/?hl=en
www.edizioniampelos.it
Link di vendita online
https://www.edizioniampelos.it/product/esercizi-spirituali/
https://www.amazon.it/Esercizi-spirituali-bevitori-Angelo-Peretti/dp/8831286064
«Ci presenta la sua nuova opera “Esercizi spirituali per bevitori di vino”? È rivolta solo agli esperti o anche a chi si è appena approcciato al mondo enologico?»
Già dal titolo, ho voluto spiegare che “Esercizi spirituali per bevitori di vino” non è un libro “sul vino”, ma piuttosto “intorno al vino”. Il vino è una metafora per parlare della vita, attraverso novanta brevi capitoli. Per me, l'ingrediente segreto del vino è l'umanità: quella del vignaiolo, quella delle comunità locali e dei territori che hanno una tradizione vinicola, quella dei bevitori di vino. Se l'umanità è l'elemento fondamentale del vino, tutti possono essere esperti di vino, perfino chi non beve, perfino chi è astemio, perché tutti abbiamo esperienza della vita.
«Il suo libro è sicuramente originale e fuori dagli schemi; nel proemio all'opera, infatti, lei afferma: “La lettura di questo libro potrebbe nuocere alla carriera di chi abbia intenzione di occuparsi di vino per professione, poiché contiene alcune stille di eresia enologica”. In cosa differisce “Esercizi spirituali per bevitori di vino” dagli altri manuali sul vino o dalle guide di degustazione?»
Secondo me, la condivisione, la curiosità e il piacere sono le vere motivazioni del bevitore di vino. È chiaro allora che il bere vino ha una motivazione soprattutto personale e soggettiva, e unisce le singole soggettività personali intorno a una tavola e a una bottiglia. Le regole sono fatte per gli enologi, che producono il vino, e per i degustatori, che assaggiano il vino per professione, non per i bevitori, che sono mossi da una spinta interiore, dalla volontà di condividere una bottiglia di vino con altre persone. Da questo derivano, per il bevitore, una maggiore naturalezza e una maggiore libertà nell'approccio con il vino, al punto che non è più vietato bere un vino bianco a una temperatura più alta di un vino rosso, o perfino mettere un cubetto di ghiaccio nel vino se d'estate il sole picchia forte.
«Nella sua opera è fondamentale l'attenzione al gusto personale e la ricerca dell'origine del proprio piacere; dalle sue parole: “Mi resi conto che i vini più interessanti possiedono una personalità. Somigliano alle persone che li fanno e a quelle che li bevono. I vignaioli ci mettono le loro competenze, che non sono influenzate soltanto dalla tecnica ma anche dall'umore e perfino dai sentimenti. Chi li beve riversa nel calice le proprie esperienze di vita. L'umanità è dunque l'ingrediente segreto del vino? Direi di sì, e quando si inizia a pensarla così, la prospettiva cambia del tutto”. Vuole commentare per noi questa interessante affermazione?»
Nel libro pongo una domanda al lettore: sei un bevitore ottimista o pessimista? Se sei pessimista, cercherai anche il minimo difetto nel vino, e stai tranquillo che lo troverai, perché di perfetto, al mondo, non c'è nulla. Se invece sei un bevitore ottimista, in qualunque vino ricercherai quel che c'è di buono, e qualcosa di buono lo troverai, non fosse altro per il piacere di stare assieme ad altre persone. La prospettiva cambia completamente, e questo vale anche nella vita o sul lavoro: se pensi che chi lavora accanto a te sia un inetto, alzi una barriera prima ancora di iniziare a lavorarci assieme e otterrai solo riscontri negativi, mentre se valorizzi quel che c'è di buono nei tuoi colleghi o nei tuoi collaboratori, avrai un ritorno estremamente positivo. I nostri atteggiamenti si riversano sui vini che beviamo, così come sulle persone che incontriamo.
«La federazione dei vignaioli dei territori viticoli storici della Slovenia (Slovenska Velika Lega) ha citato come proprio riferimento la sua definizione di terroir: “Non è la tecnica a fare il vero vino, ma è la memoria inscritta nelle cose”. In enologia, il termine francese 'terroir' indica il rapporto che lega un vitigno al microclima e alle caratteristiche minerali del suolo in cui è coltivato; nell'opera, infatti, lei insiste spesso sull'importanza delle radici, del legame del vino con il suo territorio di appartenenza: “Apprezzo che abbia un carattere contadino. Sono tre le doti che gli cerco. L'austerità terragna, l'incedere flemmatico, l'autenticità”. Secondo lei, la passione per il vino può essere un buon modo per ripristinare il rapporto, ormai quasi perso del tutto, tra l'essere umano e la natura, e magari contribuire in qualche modo alla sua salvaguardia?»
Tutti noi viviamo immersi in due diversi ambienti: l'ambiente naturale e l'ambiente umano. L'ambiente umano è quello delle relazioni, grandi o piccole, che abbiamo quotidianamente con altre persone ed è anche, nella mia visione, l'elemento cardine del vino. Se ci impegniamo a far crescere la qualità dell'ambiente umano, ne deriva inevitabilmente un aumento della qualità dell'ambiente naturale, perché comprendiamo che il benessere delle altre persone passa anche attraverso la possibilità di vivere in un ambiente naturale migliore. Il vero bevitore di vino, così come il vero vignaiolo, ha a cuore l'ambiente naturale prima di tutto perché valorizza e protegge le persone che su quell'ambiente vivono. Dunque, sì, un bicchiere di vino aiuta a ripristinare la qualità del rapporto con la natura.
«Lei è un giornalista e critico enogastronomico da oltre trent'anni; nell'opera non si nasconde dietro a un dito e muove delle critiche, eleganti e pacate, al mondo elitario del vino, e a coloro che ne limitano troppo rigidamente i confini. Vuole parlarcene?»
Ho grande compassione per i bevitori di etichette. Intendo coloro che ostentano il loro potere economico esibendo l'acquisto di un vino blasonato quando vanno al ristorante. Se la forma prevale sulla sostanza, se il possesso prevale sull'essere, distruggiamo i valori di quell'umanità che è l'anima stessa del vino. Ugualmente, sono dispiaciuto per chi approccia il vino partendo da dei pregiudizi, ossia da dei giudizi aprioristici legati al grado di celebrità del vino che si apprestano a bere: in questo modo, queste persone si privano del piacere della scoperta e dello stupore. Meravigliarsi di qualche cosa almeno una volta al giorno aggiunge sale alla vita. Meravigliarsi di un vino che non conoscevamo è un piacere straordinario. Chiudersi dentro i confini dei “soliti noti” è una sconfitta del piacere.
«“Esercizi spirituali per bevitori di vino” è diviso in novanta brevi capitoli, e ciascuno di essi contiene una coppia di consigli di bevuta, un vino italiano e uno straniero; tali vini sono scelti in base all'attinenza con il contenuto del capitolo. Le chiedo: vuole consigliare ai lettori un vino, o più di uno a sua discrezione, che magari ha scoperto di recente e che ha apprezzato particolarmente?»
Cito due vini che non sono menzionati nel libro, perché li ho apprezzati solo di recente, grazie alla loro personalità. Il primo è il Valdobbiadene Prosecco “tranquillo”, ossia privo di bollicine, di Francesca Rizzi, una vignaiola che ha un piccolissimo vigneto a Refrontolo e una microscopica libreria-bistrot a Venezia, dove vende libri illustrati per bambini e propone pochi piatti basati su ingredienti di alta qualità. È uno di quei vini che ti fanno capire che c'è sempre un nuovo microcosmo da scoprire. L'altro è lo chardonnay Torricella del Barone Ricasoli: in genere a me non piacciono i vini fatti con lo chardonnay, ma questo vino bianco a base di chardonnay toscano è una sconfitta dei miei pregiudizi, e ne sono felice.
«Nella sua opera il vino è osservato da una prospettiva particolare, svincolandolo da ogni regola prescritta e legandolo invece alle emozioni, all'intelletto e alla spiritualità dell'essere umano. Pensa di scrivere ancora di questo argomento? Ci sono già progetti in merito?»
Molti lettori mi dicono di sentirsi orfani dopo la lettura dei novanta capitoli del libro, e dunque sto pensando a una soluzione per proporre loro dei nuovi “Esercizi spirituali”. Non si tratterà, per ora, di un nuovo libro: semmai quello verrà più tardi. Vorrei che fosse qualche cosa di inaspettato, ancora di più al di fuori delle regole del gioco di chi scrive di vino. Chissà, magari in teatro o in una rubrica particolare. Vedremo.
Contatti
https://www.instagram.com/internetgourmet/?hl=en
www.edizioniampelos.it
Link di vendita online
https://www.edizioniampelos.it/product/esercizi-spirituali/
https://www.amazon.it/Esercizi-spirituali-bevitori-Angelo-Peretti/dp/8831286064
Articoli correlati
Intervista a Rosario Rito, autore del saggio “Labirinti 1. Funzione e destrezza soggettiva tra scontato e cogito”.
21/11/2024 | Bookpress
Rosario rito è nato a vibo valentia nel 1958; affetto da paresi spastica sin dalla nascita, inizia a scrivere da giovanissimo affrontando spesso il tema della disabilit...
Intervista al giornalista, avvocato, scrittore e attivista Luigi Trisolino
14/11/2024 | Bookpress
Luigi trisolino (francavilla fontana, 11 ottobre 1989) ha conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza presso l'università degli studi roma tre, ed è dottore di ri...
Lele Sarallo racconta "Scusate il ritardo", in scena a Roma dal 23/11
14/11/2024 | lorenzotiezzi
Lele sarallo, noto al pubblico per il suo umorismo tagliente e le sue parodie irriverenti, ha costruito una carriera che abbraccia il web, la radio e ora il teatro. Con o...