Intervista a Dario Migliorini, autore del romanzo noir “Gli anni sospesi”.
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13/11/2025 | Bookpress
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Dario Migliorini (Codogno, 1971) è uno scrittore, musicista e critico musicale. Ha pubblicato in self-publishing nel 2020 “Coupe DeVille (Frank è tornato a casa)”, ispirato ai testi di Bruce Springsteen e in omaggio alle radici della musica americana; il libro è entrato nei Bruce Springsteen Archives, il catalogo voluto personalmente dal grande cantautore americano che raccoglie nel New Jersey le opere dedicate o ispirate alle sue canzoni. Nel 2024 pubblica per 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni il noir “Gli Anni Sospesi”. Gestisce il blog Words & Music su cui scrive articoli, recensioni e traduzioni di album e canzoni; è inoltre un esperto della musica di Bruce Springsteen.
«“Gli anni sospesi” è un noir che si muove tra azione, introspezione e memoria. Da dove nasce l'idea di questo romanzo, e quale immagine, canzone o emozione ha acceso in te il desiderio di scriverlo?»
Volevo confrontarmi con una trama noir, genere che ho sempre amato da lettore. In particolare, volevo indagare sulle molle psicologiche che possono portare persone assolutamente ordinarie - in ultima analisi ognuno di noi - a compiere errori, persino delitti. Anche quando siamo persone “perbene”, con un profilo etico ineccepibile, siamo sicuri di sapere distinguere nitidamente il bene dal male? Ragionando su questo, mi sono interrogato sul primo verso della celebre Wish You Were Here dei Pink Floyd: “Quindi, quindi pensi di saper distinguere il paradiso dall'inferno?” È lo stesso dilemma che mi ha sempre fatto emergere una canzone di Bruce Springsteen, Highway Patrolman, da cui Sean Penn ha ricavato la sceneggiatura di un bellissimo film, Lupo Solitario (The Indian Runner). Ecco, la domanda principale che vorrei far suscitare nel lettore è proprio questa. Davvero sappiamo tracciare un confine netto tra giusto e sbagliato?
«L'opera è ambientata nei primi anni Ottanta nel Basso Lodigiano, tua terra natale, con piccole incursioni in Grecia e nel Mediterraneo; quanto è stato importante per te contestualizzare la vicenda nel luogo delle tue origini, e in che modo ha influenzato la costruzione della trama?»
Ovviamente l'ambientazione nei miei luoghi d'origine ha anche un motivo di omaggio, anche a una figura come quella di mio padre che era amministratore pubblico e amava queste terre. Però, l'esigenza narrativa è una motivazione ancora più forte. Avevo bisogno di un luogo che avesse due caratteristiche: la nebbia come elemento di mistero, che nasconde, che offusca, e la poca propensione generale della sua gente al crimine. Mi spiego: penso che una storia come questa, ambientata nei sobborghi problematici di una grande città o in zone dove il fatto di cronaca è all'ordine del giorno avrebbe avuto molto meno impatto. In una tranquilla terra di provincia tutto acquisisce molto più mistero, proprio perché è inatteso.
«Laura, la protagonista del romanzo, affronta off screen dei lutti devastanti, le cui difficili elaborazioni la porteranno, nel corso della narrazione, ad accedere a delle verità scomode e dolorose. Come hai gestito la caratterizzazione di un personaggio femminile tanto complesso a livello psicologico, e che si trova suo malgrado a districarsi in un fitto e inquietante mistero?»
È un tema su cui io stesso mi sono interrogato. Perché ho voluto caratterizzare un personaggio femminile così problematico, tra tendenza allo sprofondamento e voglia di riscatto? E perché il rapporto padre-figlia è così centrale, in particolare il tema del senso di abbandono? Da padre separato, aggredito da ferocissimi sensi di colpa, mi sono spesso chiesto cosa provasse mia figlia nel suo intimo più profondo, come vedesse il nostro rapporto. Forse, sono partito da lì e ho inconsapevolmente “noir-izzato”, se mi si consente questo neologismo, questo dilemma.
«Uno dei temi più forti del libro è la giustizia personale perseguita per amore che, sebbene comunque condannabile, apre a interessanti riflessioni sui limiti che dovremmo porre alle nostre azioni: come hai sviluppato questo dilemma morale nel romanzo?»
Mentre sviluppavo la trama, tenevo davanti ai miei occhi una domanda impressa: “Cosa faresti tu in quella situazione?” Che poi è la stessa domanda che in qualche modo pongo al mio lettore. Da un lato emerge che chiunque, nessuno escluso, potrebbe commettere un crimine, se forzato a una situazione che comporta una reazione. E può succedere che l'atto criminale sia in realtà motivato da un senso profonda di giustizia. Così la giustizia degli uomini, quella che origina dalla convivenza civile, si scontra con un senso di giustizia più personale. È in quel momento che i concetti di bene e male si mescolano irrimediabilmente. È come giocare a carte e, a un tratto, buttare all'aria il mazzo, perdendo memoria dell'ordine, delle regole, degli esiti.
«Ne “Gli anni sospesi” la musica gioca un ruolo narrativo centrale: citazioni dirette, riferimenti e una playlist a cui accedere tramite QR code accompagnano piacevolmente la lettura. Qual è stato il criterio di scelta dei brani, e che funzioni rivestono nel romanzo?»
La musica e la scrittura sono le mie due grandi passioni. Se nella mia avventura di commentatore di musica, la scrittura è prestata alla musica, in quella di romanziere avviene il contrario. È la musica che viene messa al servizio della scrittura. Nel romanzo alcuni brani mi sono serviti più per caratterizzare l'epoca in cui avvengono i fatti, ma altri brani, come Wish You Were Here, Space Oddity, Il Carrozzone, l'Anno che Verrà, Quella Carezza della Sera, sono parte integrante della storia. In qualche modo, il romanzo non sarebbe lo stesso senza le loro citazioni.
«Restando in ambito musicale - sei un musicista ed esperto riconosciuto di Bruce Springsteen: quanto la musica ha influenzato il tuo modo di scrivere e il tuo approccio alla letteratura?»
La musica cosiddetta popolare, spesso denigrata dalla cultura più aulica, trasporta spesso vere e proprie perle di poesia e di narrativa. Hai citato Springsteen: nei suoi versi, che provengono dall'asfalto della strada, dal vapore dei vicoli bui di città, dai solchi arati di campi sterminati, c'è un'umanità meravigliosa. Quella musica, soprattutto quei versi, hanno condizionato la mia vita, la mia visione delle cose. E certamente anche la mia scrittura, che qualche commentatore ha definito cinematografica, guarda caso lo stesso che si dice dello stile lirico di Bruce.
«Dopo “Coupe DeVille” e “Gli anni sospesi”, stai già lavorando al tuo nuovo viaggio tra parole e musica?»
Hai detto bene: tra parole e musica, che poi è anche, in inglese il nome del mio blog di recensioni musicali, Words & Music (wordsandmusic.it). Sto lavorando su due idee distinte. La prima è un sequel de Gli Anni Sospesi. Il romanzo ha un finale aperto e nel tempo mi sono convinto che un sequel ha molto senso. La seconda è un nuovo romanzo noir. Con della musica? Direi di sì, visto che il protagonista avrà a che fare con un indimenticato maestro. Anzi, il Maestro: Ennio Morricone.
Contatti
https://www.instagram.com/dario.wordsandmusic/
https://www.facebook.com/dariomgliorini/
https://ruedelafontaineedizioni.com/catalog/la-rue-morgue/gli-anni-sospesi/
«“Gli anni sospesi” è un noir che si muove tra azione, introspezione e memoria. Da dove nasce l'idea di questo romanzo, e quale immagine, canzone o emozione ha acceso in te il desiderio di scriverlo?»
Volevo confrontarmi con una trama noir, genere che ho sempre amato da lettore. In particolare, volevo indagare sulle molle psicologiche che possono portare persone assolutamente ordinarie - in ultima analisi ognuno di noi - a compiere errori, persino delitti. Anche quando siamo persone “perbene”, con un profilo etico ineccepibile, siamo sicuri di sapere distinguere nitidamente il bene dal male? Ragionando su questo, mi sono interrogato sul primo verso della celebre Wish You Were Here dei Pink Floyd: “Quindi, quindi pensi di saper distinguere il paradiso dall'inferno?” È lo stesso dilemma che mi ha sempre fatto emergere una canzone di Bruce Springsteen, Highway Patrolman, da cui Sean Penn ha ricavato la sceneggiatura di un bellissimo film, Lupo Solitario (The Indian Runner). Ecco, la domanda principale che vorrei far suscitare nel lettore è proprio questa. Davvero sappiamo tracciare un confine netto tra giusto e sbagliato?
«L'opera è ambientata nei primi anni Ottanta nel Basso Lodigiano, tua terra natale, con piccole incursioni in Grecia e nel Mediterraneo; quanto è stato importante per te contestualizzare la vicenda nel luogo delle tue origini, e in che modo ha influenzato la costruzione della trama?»
Ovviamente l'ambientazione nei miei luoghi d'origine ha anche un motivo di omaggio, anche a una figura come quella di mio padre che era amministratore pubblico e amava queste terre. Però, l'esigenza narrativa è una motivazione ancora più forte. Avevo bisogno di un luogo che avesse due caratteristiche: la nebbia come elemento di mistero, che nasconde, che offusca, e la poca propensione generale della sua gente al crimine. Mi spiego: penso che una storia come questa, ambientata nei sobborghi problematici di una grande città o in zone dove il fatto di cronaca è all'ordine del giorno avrebbe avuto molto meno impatto. In una tranquilla terra di provincia tutto acquisisce molto più mistero, proprio perché è inatteso.
«Laura, la protagonista del romanzo, affronta off screen dei lutti devastanti, le cui difficili elaborazioni la porteranno, nel corso della narrazione, ad accedere a delle verità scomode e dolorose. Come hai gestito la caratterizzazione di un personaggio femminile tanto complesso a livello psicologico, e che si trova suo malgrado a districarsi in un fitto e inquietante mistero?»
È un tema su cui io stesso mi sono interrogato. Perché ho voluto caratterizzare un personaggio femminile così problematico, tra tendenza allo sprofondamento e voglia di riscatto? E perché il rapporto padre-figlia è così centrale, in particolare il tema del senso di abbandono? Da padre separato, aggredito da ferocissimi sensi di colpa, mi sono spesso chiesto cosa provasse mia figlia nel suo intimo più profondo, come vedesse il nostro rapporto. Forse, sono partito da lì e ho inconsapevolmente “noir-izzato”, se mi si consente questo neologismo, questo dilemma.
«Uno dei temi più forti del libro è la giustizia personale perseguita per amore che, sebbene comunque condannabile, apre a interessanti riflessioni sui limiti che dovremmo porre alle nostre azioni: come hai sviluppato questo dilemma morale nel romanzo?»
Mentre sviluppavo la trama, tenevo davanti ai miei occhi una domanda impressa: “Cosa faresti tu in quella situazione?” Che poi è la stessa domanda che in qualche modo pongo al mio lettore. Da un lato emerge che chiunque, nessuno escluso, potrebbe commettere un crimine, se forzato a una situazione che comporta una reazione. E può succedere che l'atto criminale sia in realtà motivato da un senso profonda di giustizia. Così la giustizia degli uomini, quella che origina dalla convivenza civile, si scontra con un senso di giustizia più personale. È in quel momento che i concetti di bene e male si mescolano irrimediabilmente. È come giocare a carte e, a un tratto, buttare all'aria il mazzo, perdendo memoria dell'ordine, delle regole, degli esiti.
«Ne “Gli anni sospesi” la musica gioca un ruolo narrativo centrale: citazioni dirette, riferimenti e una playlist a cui accedere tramite QR code accompagnano piacevolmente la lettura. Qual è stato il criterio di scelta dei brani, e che funzioni rivestono nel romanzo?»
La musica e la scrittura sono le mie due grandi passioni. Se nella mia avventura di commentatore di musica, la scrittura è prestata alla musica, in quella di romanziere avviene il contrario. È la musica che viene messa al servizio della scrittura. Nel romanzo alcuni brani mi sono serviti più per caratterizzare l'epoca in cui avvengono i fatti, ma altri brani, come Wish You Were Here, Space Oddity, Il Carrozzone, l'Anno che Verrà, Quella Carezza della Sera, sono parte integrante della storia. In qualche modo, il romanzo non sarebbe lo stesso senza le loro citazioni.
«Restando in ambito musicale - sei un musicista ed esperto riconosciuto di Bruce Springsteen: quanto la musica ha influenzato il tuo modo di scrivere e il tuo approccio alla letteratura?»
La musica cosiddetta popolare, spesso denigrata dalla cultura più aulica, trasporta spesso vere e proprie perle di poesia e di narrativa. Hai citato Springsteen: nei suoi versi, che provengono dall'asfalto della strada, dal vapore dei vicoli bui di città, dai solchi arati di campi sterminati, c'è un'umanità meravigliosa. Quella musica, soprattutto quei versi, hanno condizionato la mia vita, la mia visione delle cose. E certamente anche la mia scrittura, che qualche commentatore ha definito cinematografica, guarda caso lo stesso che si dice dello stile lirico di Bruce.
«Dopo “Coupe DeVille” e “Gli anni sospesi”, stai già lavorando al tuo nuovo viaggio tra parole e musica?»
Hai detto bene: tra parole e musica, che poi è anche, in inglese il nome del mio blog di recensioni musicali, Words & Music (wordsandmusic.it). Sto lavorando su due idee distinte. La prima è un sequel de Gli Anni Sospesi. Il romanzo ha un finale aperto e nel tempo mi sono convinto che un sequel ha molto senso. La seconda è un nuovo romanzo noir. Con della musica? Direi di sì, visto che il protagonista avrà a che fare con un indimenticato maestro. Anzi, il Maestro: Ennio Morricone.
Contatti
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